• Rushdie, lavoro su storie recuperate nella pandemia

    La pandemia ha bloccato e poi stimolato, riportando sulla scena storie perdute, la scrittura di Salman Rushdie che sta lavorando a un nuovo libro dopo il suo ‘Quichotte’, pubblicato in Italia da Mondadori. “Per molti mesi durante la fase acuta di questa emergenza sanitaria ho trovato estremamente difficile scrivere. Il fardello degli eventi della cronaca, il peso del reale era talmente grande che chiedeva imperiosamente di essere compreso. A un certo punto mi è sembrato fosse importante fare attenzione a quello e non avere troppa fretta di scrivere. E così ho fatto” ha raccontato Rushdie, protagonista in streaming dell’incontro più atteso, condotto da Marino Sinibaldi, con Vito Mancuso sul palco, del giorno d’apertura del Festival dei Lettori, Autori ed Editori, ‘Insieme’, all’Auditorium Parco della Musica di Roma e al Colosseo fino al 4 ottobre.

    “Nelle ultime settimane la situazione è cambiata e adesso mi trovo a scrivere cose non direttamente legate alla pandemia da Covid. Cose che avevo nel retro della mente da un sacco di tempo. Progetti che coltivavo forse tangenzialmente, in secondo piano, dietro le quinte. Adesso sono venuti in scena e io li sto affrontando, me ne sto occupando. Ci sto facendo qualche cosa. La pandemia mi ha fatto recuperare dalla mia immaginazione passata delle idee, degli elementi narrativi sui quali adesso sto lavorando” ha spiegato l’autore de ‘I versi satanici’, contro i quali l’ayatollah Khomenini nel 1989 lancia una fatwa, colpito dal Covid lo scorso marzo. “Ho avuto la fortuna di sopravvivere alla malattia da Coronavirus. Mi sono ammalato il 15 marzo, alle idi di marzo, brutta giornata per Giulio Cesare e anche per me. Sono stato male due settimane e mezzo e adesso sto bene” ha detto Rushdie.

    Ma cosa ha imparato dalla pandemia? “Questa esperienza dell’emergenza sanitaria ci ha insegnato molto riguardo al potere del caso, della fatalità nella nostra vita. Viene un momento in cui le cose non sono più capaci di essere ragionevoli, controllate. Irrompe sulla scena l’irrazionale, l’assolutamente casuale o fatale e le nostre vite cambiano completamente. Quello che cerco di affrontare nel mio ‘Quichotte’ sono proprio questi momenti. Nel romanzo parlo dell’era del ‘può succedere qualsiasi cosa’ e in fondo la pandemia da Coronavirus è la dimostrazione che questo è verissimo. Capita che in un solo istante le nostre vite vengano completamente stravolte” dice Rushdie, 73 anni.

    Nel suo ‘Quichotte’ tante storie si intrecciano con riferimenti anche al Pinocchio di Collodi, alla Fata Turchina, obesa e americana, e al Grillo Parlante. Troviamo Ismail Smile, commesso viaggiatore di una casa farmaceutica, che, ossessionato dalla tv spazzatura, si innamora della conduttrice di un programma, Salma, e per conquistarla compie un viaggio nell’America di oggi con il figlio che vorrebbe, Sancho. “Ho scritto tanti romanzi ambientati a New York, ma questo paese è talmente vasto e vario al suo interno. Ormai sono 20 anni che sto in America e mi sono detto: ‘forse sarò pronto per affrontare una visione più panoramica della vita di questo paese'” ha raccontato all’incontro Rushdie. “Non penso che le tecnologie che usiamo siano state progettate apposta per confonderci la mente, però credo esista un grande pericolo e che alla fine lo facciano. Nel romanzo i reality show sono il bersaglio comico della mia satira, ma sono convinto che l’intera gamma delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che abbiamo a nostra disposizione costituiscano un grave pericolo, quello di creare confusione nella testa delle persone fra ciò che è reale e ciò che è inventato. E oggi le persone sono veramente confuse. Ecco perché la follia del mio personaggio in questa epoca riecheggia la follia di Don Chisciotte al momento in cui Cervantes lo ha scritto” ha raccontato. E verso la fine “si vedrà che il senno di Quichotte è più integro di quello di buona parte del resto delle persone” ha detto lo scrittore. “Il mio Sancho, non quello di Cervantes, ha uno stretto rapporto con Pinocchio di Carlo Collodi, non di Walt Disney, tanto che parla sempre italiano nel mio romanzo” ha spiegato Rushdie.

    Lo scrittore ha voluto esprimere la sua “ammirazione per il popolo italiano, per la serietà con cui ha affrontato questa situazione di crisi, questa emergenza. Stiamo cercando di imitarvi. A New York City all’inizio le cose sono andate veramente molto male. Adesso vanno meglio per fortuna, anche in altre parti degli Stati Uniti, grazie alla serietà dei newyorchesi” ha sottolineato Rushdie che spera di poter venire presto in Italia, a Roma. 


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